Un uomo solo, baffuto e silenzioso, seduto davanti a un piatto di minestrone fumante e una bottiglia di vino rossa mezza vuota. Potrebbe sembrare una scena qualsiasi di malinconia quotidiana, ma è uno dei momenti più surreali della commedia italiana. Siamo nella trattoria “Semivuota”, e la fame inconsolabile di Renato Pozzetto riesce a far ridere anche quando lo stomaco borbotta.
Il film è “Io Tigro, Tu Tigri, Egli Tigra”, del 1978, un’antologia comica firmata da un trio d’eccezione: Pozzetto, Cochi Ponzoni e Lino Toffolo. Il segmento interpretato da Pozzetto racconta di un uomo semplice, sballottato da situazioni grottesche e assurde, che si rifugia infine nella sola certezza possibile: un buon piatto caldo.
La scena nella trattoria è ormai diventata cult. Pozzetto, con la sua espressione sognante e i suoi tempi comici millimetrici, trasforma ogni gesto – dal sorso al cucchiaio – in una gag raffinata. Il minestrone non è solo cibo: è conforto, è solitudine, è una forma di meditazione esistenziale.
Curiosamente, la trattoria in cui è stata girata la scena esisteva davvero a Milano, anche se oggi ha cambiato volto. Durante le riprese, Pozzetto insistette per usare un vero minestrone e del vero vino, dicendo: “Se devo mangiare, che almeno sia buono davvero!”. Il risultato? La scena dovette essere rifatta più volte perché l’attore scoppiava a ridere da solo a ogni cucchiaiata.
E la cultura pop giapponese? Beh, la malinconia surreale e comica che caratterizza questa scena è sorprendentemente vicina allo spirito di molte opere anime slice-of-life. Si pensi, ad esempio, a certi momenti di solitudine e silenzio in serie come “Sazae-san” o “Shinya Shokudō”, dove anche il piatto più semplice diventa lo specchio dell’anima. Un minestrone italiano può fare esattamente lo stesso.
Disagio in trattoria: minestrone per uno
